Oggi sarà una frase del grande Ansel Adams, paesaggista del bianco e nero statunitense, a fare da spunto ad una riflessione sulla comunicazione di una fotografia.
Diceva questo grande fotografo:
"Ho sempre pensato che la fotografia sia come una barzelletta, se devi spiegarla vuol dire che non è venuta bene."
Ed in poche parole, ha racchiuso il concetto fondamentale della comunicazione fotografica.
Nelle precedenti news abbiamo parlato di come una fotografia racconti una storia e di quanto il messaggio di una fotografia venga recepito forte, veloce e d'impatto.
Questa citazione, è la sintesi di tutto ciò.
Quando scattiamo una fotografia e la mostriamo a qualcuno infatti, ci fa sempre molto piacere se ci viene domandato cosa stava succedendo nell'attimo dello scatto o se ci viene chiesto di raccontare la storia di quella fotografia, per il semplice fatto che nello spiegare la vicenda pensiamo di aggiungere valore all'immagine, riviviamo la nostra esperienza e ci immedesimiamo nuovamente nelle sensazioni provate, trasmettendole al nostro interlocutore.
Ma non dovrebbe essere così.
Non dovremmo essere poi così soddisfatti di questa domanda... certo saremo contenti di rivivere un momento più o meno significativo, ma non è questo lo scopo della nostra fotografia.
Lei dovrà viaggiare da sola, essere autonoma, bastarsi da sola.
Non potremo accompagnarla con il nostro racconto ad ogni sguardo che incontrerà, dovrà essere lei, semplicemente mostrandosi, a far capire tutto.
Dovremo caricarla a tal punto, in ogni suo pixel, delle parole che vorremo raccontare, da far sì che le trasmetta da sola, sempre.
Dovremo arrivare al traguardo in cui mostrando a qualcuno quella fotografia tra le nostre mani, quel qualcuno la osserverà, silenziosamente... e una volta alzato lo sguardo lo poserà nei nostri occhi, complice, in silenzio.
Una buona fotografia arriva lì, dove le parole ormai non servono più.