Cosa ci fa un fotografo a padova centro, da solo, nel silenzio di una città che vive dietro alle finestre, fatta di sguardi che vivono dietro le tapparelle, fatta di persone che non escono, di preoccupazione per il futuro, di paura dell’aria che respiri?
 
Chiamato come fotografo in centro a padova, per testimoniare l’esistenza di quelle poche attività ancora aggrappate ad una vita che sembra lontana nel tempo, mi aggiro rispettando le severe norme di sopravvivenza, le chiamo così, perché saranno quelle che ci insegneranno, forse anche nel futuro, a vivere stipati nei nostri contenitori urbani.
 
Abbiamo imparato a lavarci le mani, stare distanti, non frequentare luoghi affollati, indossare mascherine, portare guanti, non uscire di casa, siamo diventati fantasmi prigionieri delle nostre case, vale per tutti a parte quei pochi che sono chiamati al lavoro.
Passeggio, vorrei scattare qualche foto, vorrei ritrarre la mia città in questo stato di deserto diurno, non accade nemmeno il primo giorno dell’anno, nemmeno la domenica mattina, così non si era mai vista. Che foto potrei scattare? Come potrei chiamare la mia immagine? Street photography? No, Padova mia, riempirò solo i miei occhi, non ruberò un’immagine alla tua anima ferita, ti guarderò così, come guarda un fotografo, un fotografo rispettoso.
 
Fotografo a padova da tantissimi anni, l’ho vista cambiare, l’ho sentita urlare e ridere, ma non l’avevo mai sentita piangere così sommessamente, silenziosa e ferita, ma riesco ancora a percepirne gli echi, suoni misti tra sogno e ricordo, telegiornali e suoni di posate in tavola, sento profumi che richiamano alla mente la voglia di tornare, di esserci e vivere ancora una città eterna! A presto, Padova mia, torno a casa.